giovedì 27 giugno 2013

Uno sguardo al Gruppo

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Luci ed Ombre

Finalmente un aumento in busta paga... ma c'è poco da essere allegri.
L'aumento c'è, ma ricordate che, grazie al nuovo CCNL a cui FALCRI si è fortemente opposta, l'aumento non è utile al calcolo del TFR e della previdenza complementare.
Insomma un aumento più che zoppo.
Il fronte del NO esiste ancora e non è morto.
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A Voi le giuste ocnsiderazioni.

venerdì 21 giugno 2013

Fusi, altro che fusione.

Come varie volte mi succede ultimamente, devo scusarmi con i lettori di questo blog per la mia assenza di alcuni giorni. Questo non vuol dire che FALCRI Centro leasing sia scomparsa o sia rimasta con le mani in mano.
La fusione (non è una facile battuta per la temperatura di questi giorni) è deliberata e da adesso in poi la strada è tracciata. Quindi meglio concentrarsi sull’attività sindacale di tutti i giorni:
-          Assistenza ai colleghi sul posto di lavoro
-          Assistenza ai colleghi fuori usciti
-          Nuove proposte per migliorare la nostra condizione lavorativa
In merito a quest’ultimo punto, a breve, pubblicherò un post con una nuova idea e richiesta da presentare alla nostra Direzione del personale, ovviamente, previo il sostegno da parte di tutti i colleghi. So che luglio non è il mese migliore per presentare nuove istanze, ma meglio iniziare subito se si può ottenere qualcosa in più. Farò girare l’apposito volantino e stavo pensando ad una sottoscrizione per dare più forza alle nostre pretese perché, come si dice, l’unità fa la forza… se ci sono le idee.
“Bambini”, la fusione ora è certo che si fa, vediamo di tutelarci nel miglior modo possibile e, perché no, chiediamo per ottenere un posto di lavoro migliore altrimenti si rischia di dar senso al titolo di questo post.
Per iscriversi alla FALCRI contattare Federico Basagni
P.S. – A stare zitti, nessuno ti regala niente!

giovedì 6 giugno 2013

La grande truffa del patto sulla rappresentanza - Giorgio Cremaschi

Vi invito a leggere questo articolo assieme al post precedente "Commento al Documento Finale del Comitato Direttivo UNISIN". Grazie

01/06/2013
Quando ho cominciato a fare il sindacalista negli anni 70 del secolo scorso, dopo ogni accordo sindacale la prima cosa che chiedevano i lavoratori in assemblea era: ma il padrone lo applicherà?
Allora in genere si facevano accordi che miglioravano la condizione delle persone, e la prima preoccupazione era quella di non dover fare troppi scioperi anche per ottenere l’applicazione della intensa appena conquistata.
Oggi la piena “esigibilità” degli accordi viene vantata dal presidente della Confindustria come il maggior pregio dell’accordo sulla rappresentanza appena sottoscritto con CGIL CISL UIL. La ragione di questa inversione di ruoli è molto semplice, gli accordi che si fanno e si faranno servono a peggiorare il salario e le condizioni di lavoro e quindi è alle persone sottoposte ad essi che bisogna imporre l’ubbidienza. Questo significa la piena applicazione dell’accordo del 28 giugno 2011, con il suo via libera al regime delle deroghe ai contratti nazionali.
L’accordo serve a superare ciò che ancora resta della divisione tra lavoratori garantiti e non, naturalmente estendendo a tutti la condizione peggiore. Del resto la flessibilità dei salari e degli orari è ciò che ci chiede la Commissione Europea per proseguire la politica di rigore.
L’accordo è la istituzionalizzazione della austerità nei luoghi di lavoro.
In pratica l’accordo istituisce il maggioritario sindacale con soglia di sbarramento.
Attenzione, lo sbarramento vero non è quel confuso 5% di rappresentatività che dovrebbe dare accesso al tavolo dei contratti, quello è un trucco per gonzi e giornalisti economici, perché la selezione avviene prima. Infatti fruiscono del diritto alla rappresentanza solo le organizzazioni che sottoscrivono l’accordo impegnandosi al rispetto di tutte le sue parti.
Per capirci è come se la nuova legge elettorale stabilisse che possono candidarsi al Parlamento solo le forze politiche che sottoscrivono la politica di austerità, il fiscal compact e quanto altro serva. In fondo la proposta Finocchiaro ci è andata vicino…
Escluso così preventivamente tutto il mondo sindacale che non si riconosce in CGIL, CISL UIL e ancor di più esclusa ogni nuova rappresentanza del mondo del lavoro, affermato il principio che chi siede al tavolo oggi occupa tutti i posti presenti e futuri, il maggioritario serve a disciplinare ciò che resta di diversità conflittuale, per capirci la FIOM e quelle RSU che ancora organizzano scioperi.
Il maggioritario sindacale stabilisce che una volta scremata preventivamente tra buoni e cattivi la presenza al tavolo, tra i rimasti la maggioranza decide e la minoranza si adegua.
Bisogna dare atto al senatore Pietro Ichino di essere stato il primo a proporre un sistema di questo genere.
Tra i sindacati firmatari, accedono al tavolo quelli che rappresentano più del 5% tra iscritti e voti per la elezione delle Rappresentanze Sindacali Unitarie. Dove i lavoratori non votano per eleggere chi li rappresenta, ma il sindacato nomina propri fiduciari con le RSA, si continuerà a non votare e conterà per la misura della rappresentanza solo il numero degli iscritti.
Fatti tutti questi conteggi, i sindacati che assieme raggiungono il 50% più uno della rappresentanza decidono.
Sulla piattaforma decidono le organizzazioni senza consultazione dei lavoratori e le aziende trattano solo con la maggioranza, la minoranza sta al tavolo e guarda.
Sugli accordi decide la stessa maggioranza e consulta i lavoratori, in modalità certificate da definire. Cioè non necessariamente con il referendum, ma anche con il voto palese registrato in assemblea. Sotto questo aspetto l’accordo è più arretrato del modello Marchionne, che è stato instaurato con il referendum.
Una volta deciso si esegue, anche se l’accordo non ti piace.
C’è stata la consueta ipocrisia da parte dei dirigenti sindacali in questi giorni. Noi non accetteremo le sanzioni contro gli scioperi, hanno proclamato. Ma l’intesa confederale ovviamente non ha questo compito, essa definisce un accordo quadro che verrà formalizzato nei contratti e negli accordi aziendali, questi ultimi con le nuove rappresentanze aziendali, appositamente selezionate nelle nuove elezioni e nomine previste nei prossimi sei mesi.
Il testo in ogni caso non si presta ad equivoci. I firmatari si impegnano a definire nei contratti “clausole di raffreddamento”, cioè inibizione dello sciopero e delle azioni legali. E non esiste clausola di raffreddamento che non preveda sanzioni per chi non la rispetta.
Per capirci, se questa intesa fosse stata operativa quando la Fiat impose l’accordo capestro a Pomigliano, la FIOM avrebbe dovuto accettare l’intesa e in cambio sarebbe rimasta al tavolo e avrebbe continuato a godere dei diritti sindacali. Ora la CGIL firma quell’accordo e lo estende a tutto il mondo del lavoro anche per conto della FIOM.
Questo accordo pretende di cancellare dai luoghi di lavoro la stessa idea del conflitto sociale, vuole prevenire le lotte e le rivolte che si preparano. Se esso fosse stato siglato negli anni 50 non avremmo oggi lo Statuto dei lavoratori e quanto ancora resta dei diritti del lavoro e dello stato sociale. Esso definisce il regime della complicità sindacale, secondo la definizione del libro bianco dell’allora ministro Sacconi, ed è il primo atto di una più vasta controriforma della Costituzione repubblicana, sulla quale si stanno accingendo i partiti di governo che esultano ed i poteri economici che festeggiano ancora di più.
Per la CGIL è una resa rispetto ai propri principi fondativi.
Cosa allora farà Landini, cancellerà per il classico piatto di lenticchie tutto quello che ha significato in Italia il suo no alla Fiat, oppure manifesterà e organizzerà il dissenso a questa intesa liberticida?
Speriamo, in ogni caso la lotta alle larghe intese politiche e sindacali avrà un nuovo avvio proprio dalla lotta a questo accordo. Qui bisogna subito costruire l’unità dei tanti che non ci stanno. La ripresa sociale e politica, l’alternativa alle politiche di austerità passa oggi anche dal rigetto del patto sulla rappresentanza.

Commento al documento Finale del Comitato Direttivo UNISIN

Dopo il Si unitario al nuovo accordo sulla rappresentatività sindacale stipulato fra Confederati e Confindustria, dopo il Governo Letta, dopo la rielezione bipartisan di Napolitano alla Presidenza della Repubblica, si può dire con certezza che nel nostro paese è iniziata una nuova epoca di collaborazione e concertazione fra le parti sociali.
E’ all’interno di questa nuova “aria di collaborazione” che, penso a ragione, si debba inserire il passaggio del Documento Finale del Comitato Direttivo UNISIN datato 16 maggio 2013 che, per facilità di lettura di questo post, riporto integralmente:
“Inoltre, nel confermare la necessità di perseguire un fronte sindacale unico, quale fondamentale elemento a tutela dell’intera categoria, in linea anche con la vocazione unitaria di entrambe le componenti storiche confluite in UNISIN, il Comitato Direttivo ritiene importante il recupero dei rapporti unitari per meglio affrontare ed onorare le sfide sindacali di oggi e di domani e tutelare al meglio le Lavoratrici ed i Lavoratori del settore. A tal fine, in linea con il mandato congressuale, invita la Segreteria Nazionale a proseguire le azioni finalizzate ad intensificare le relazioni con tutte le Organizzazioni di settore.”
Ne traspare il desiderio del nostro Comitato Direttivo di tornare in prima linea nelle trattative, di abbandonare insomma il secondo tavolo, che conta poco e niente, e tornare uniti alle altre sigle sindacali.
Io, che mai sono stato un “forzato” del secondo tavolo, non posso che leggere con favore questo indirizzo. Però ricordo altresì le parole che furono spese di fronte alla mia ingenua domanda: “Ma se stiamo al secondo tavolo, non è che poi non si decide niente e decidono tutto gli altri?” Domanda che poi tanto ingenua non è visto che mi viene rivolta da ogni collega che si avvicina e chiede informazioni sulla FALCRI.
La risposta che mi fu data, e su cui concordo a pieno, fu questa: “Se partecipi al primo tavolo pesando per il 5, 6, 10% delle sigle presenti, non conterai comunque più di questo e non potrai opporti alla maggioranza, con l’aggravante di partecipare ed essere protagonisti degli accordi presi; anche se col tuo voto contrario. Se è vero che la ragione della nostra lotta sindacale è quella di opporsi ad accordi consociativi e dannosi per i lavoratori (vedi rinnovo del CCNL o dell’integrativo Intesasanpaolo), è un dovere, più che un obbligo, non parteciparvi. Conteremo poco e niente, ma la nostra voce non si perderà nel niente e non resterà soffocata da quel modo di fare sindacato che non riconosciamo.”

Questo è il mio dubbio! Unità si, ma non ad ogni costo.
E per meglio rendere l’idea, mi piace riportare e poi parafrasare un passaggio del testo pubblicato da Sergio Bellavita portavoce di “Rete 28 Aprile Fiom”, dal titolo “Dalla Fiom via libera al patto sociale”.
“Non abbiamo detto no a Marchionne perché mancava un posto a tavola, ma esattamente perché volevamo rovesciare quel tavolo imbandito a spese dei lavoratori. La nostra battaglia riparte da qui.”

Non abbiamo detto NO al nuovo CCNL perché mancava un posto a tavola, ma perché volevamo rovesciare quel tavolo imbandito a spese dei lavoratori. La nostra battaglia DEVE ripartire da qui!

Federico - FALCRI Centro Leasing